Tutti la conoscono per le bellissime strade rinascimentali, per i monumenti e le gallerie di artisti che hanno fatto la storia dell’arte mondiale, ma Firenze riesce a destare un certo fascino anche con i suoi aneddoti “da paura”.
Non solo leggende metropolitane, ma anche veri e propri fatti di cronaca ambientati nei luoghi nevralgici della città e che stimolano la curiosità di abitanti e visitatori. Ecco un piccolo itinerario volto a conoscerne quattro.
Il fantasma di Palazzo Budini Gattai
Emozionante, romantica e inquietante è la vicenda dei Grifoni, giovani sposi che abitarono solo per breve tempo nel palazzo di via de’ Servi ad angolo con piazza Santissima Annunziata (oggi noto come Palazzo Budini Gattai). Per raggiungerlo basta partire dal Duomo, proseguire sul lato destro e, giunti all’incrocio con via de’ Servi – proprio sotto la cupola -, avanzare fino alla piazza che chiude la strada dall’altra parte.
Poco dopo le nozze lo sposo fu chiamato alle armi e mai più tornò. La leggenda narra che per anni la povera moglie lo attese invano, restando affacciata alla finestra a ricamare, e che quando, ormai morta, i parenti cercarono di chiudere quella persiana, il fantasma della donna si ribellò facendo addirittura traballare i mobili e creando lunghi e ripetuti sbalzi della corrente elettrica. Fu così che nessuno più ci provò e ancora oggi, passando per la grande piazza, è possibile vedere le persiane socchiuse di quella finestra, che si trova volgendo lo sguardo in alto a destra del palazzo.
Il rogo di Girolamo Savonarola
È un evento storico che tutti abbiamo studiato sui libri di scuola a spingerci fino in piazza della Signoria, laddove i turisti possono facilmente notare la lapide posta in terra, più o meno davanti alla fontana di Nettuno, in memoria del rogo di Savonarola avvenuto il 23 maggio 1498.
Il frate, arrestato e processato per eresia, fu rinchiuso nella Torre d’Arnolfo, che alta e imperiosa domina tutta la piazza da Palazzo Vecchio, e in essa fu torturato per tutta la notte. L’indomani, al mattino, venne impiccato e poi bruciato davanti alla folla insieme a due confratelli. Infine, i resti furono gettati nell’Arno perché si voleva che non rimanesse alcuna reliquia da conservare.
Lo stemma contro l’esorcismo in via Panicale
Non molto distante da piazza della Signoria, e passando davanti al Duomo, è possibile giungere nel quartiere di San Lorenzo, anch’esso segnato da una storia di eresia e sangue.
La questione risale al 1307, anno in cui il papa Clemente V dette ordine ai suoi soldati di “ripulire la terra” dai Templari, accusati di adorare il diavolo. È probabile che in quello stesso periodo fu scolpito in pietra serena lo stemma che oggi è ben visibile su un edificio di via Panicale, accanto alla Chiesa di Sant’Orsola.
Non è certo un caso che tale stemma si trovi proprio nel punto dove era indicato l’ingresso al monastero benedettino. Molti studiosi, infatti, ritengono che le iscrizioni incise sull’insegna scolpita nascondano una formula segreta per l’esorcismo, pratica che era molto usata dai monaci dell’ordine di Benedetto da Norcia. Quelle scritte, quindi, molto probabilmente, avevano il sacro compito di proteggere le suore che alloggiavano nella chiesa.
Il manicomio di San Salvi
Bisogna spostarsi un po’ fuori dal centro per visitare un altro luogo dove degli innocenti hanno subito atti orribili. Si tratta della cittadella di San Salvi che ha ospitato l’ex manicomio fiorentino dal 1890 al 1998, anno in cui l’ospedale psichiatrico fu chiuso definitivamente grazie alla legge Basaglia. Oggi a tenere memoria di quanto accaduto è la compagnia teatrale Chille de la Balanza che ha sede in uno dei capannoni del complesso e che continua dal 1998 la sua attività culturale.
Con la visita-spettacolo “C’era una volta il manicomio…” il direttore Claudio Ascoli intrattiene gli spettatori raccontando gli abusi e i soprusi subiti dai pazienti. Nato con lo scopo di isolare i “matti”, purtroppo molti di loro in realtà entravano sani a San Salvi – privati della libertà perché le famiglie non potevano prendersene cura o non accettavano la loro diversità – ed era proprio a causa delle violenze, delle torture e delle ingiuste punizioni che finivano per perdere veramente la testa.